La storia dell'erboristeria, ovvero l'arte di curarsi con le erbe.
Un affascinante viaggio lungo 4000 anni di storia alla scoperta di come l'erboristeria abbia accompagnato e curato l'uomo attraversando epoche, luoghi e culture molto differenti.
Il medioevo, l'epoca aurea dell'erboristeria
Il Medioevo è probabilmente l’epoca in cui la scienza dell’erboristeria si esalta in sommo grado; spesso si confonde con la magia e la superstizione, si ammanta di leggende, dà nome a una gran quantità di erbe officinali, in forza delle loro virtù presunte o reali; in quest'epoca erroneamente ritenuta buia si assiste a una vera e propria "esplosione" delle pratiche erboristiche; le piante sono usatissime, ed in molti campi apparentemente molto distanti tra loro; si spazia dal campo alimentare, a quello edile, da quello militare a quello medico, in più una pletora di personaggi di dubbia reputazione si "dilettano" con le piante: streghe, ciarlatani ed imbonitori frequentano i mercati di tutta Europa ed ognuno proclama il proprio preparato come il migliore; le piante entrano profondamente nell'immaginario e questo ha ripercussioni sul nome stesso delle piante e delle erbe.
- Ecco perciò tutti i derivati da salus: la Salvia, il salvione, il Salvio Ontano, la Salvia salvatrix;
- da sanare derivano la Sanicula, o Sanicola;
- da sanctus: la Santolina, la Santaurea, la Santoreggia, il Cardo santo;
- da gratia: la Graziola;
- da levare (alleviare): Levistico;
- da valetudo: la Valeriana.
Così ancora l’Aristolochia clematitis (dal greco aristos = ottimo e lochaia = parto) diventa il rimedio sovrano per lenire i dolori del parto e facilitare l’espulsione del feto.
L’Althea officinalis (dal greco althein = guarire), già raccomandata dai medici della Grecia, viene fatta inserire da Carlo Magno in un Capitolare, per ordinarne la coltivazione.
Nel Medioevo è considerata lenimento per tutta una serie di mali, in particolare si ritiene che il seme dell’Altea, somministrato in infusi di vino, provochi la rottura e la fuoruscita dei calcoli renali.
Ancora dal greco solamen, cioè conforto, deriva il nome il Solanum dulcamara, presente in tutta l’area del Mediterraneo e nell' Asia temperata , comunissima da noi come siepe, produttrice delle classiche bacche rosse a tutti note per il gusto dolce-amaro (da cui il secondo nome), e adattissima per combattere le malattie dei reni e del ricambio in genere, anche se è da usare con cautela per gli effetti tossici che dosi massive possono provocare.
In quel particolar momento storico si faceva un ricorso pressochè esasperato all’allegoria, agli influssi e alle analogie, ed ecco quindi che certe somiglianze tra parti di alcune piante officinali con gli organi del corpo furono presto considerate delle virtù.
L' Anemone fegatella (Hepatica nobilis, Anemone hepatica) ha foglie a forma di fegato umano: dunque i decotti fatti con le sue radici (peraltro assai tossiche e come tali da assumere con il contagocce), ovviamente gioveranno al fegato, mentre la Polmonaria (Pulmonaria officinalis) ha foglie macchiate a forme di polmone; ovviamente il suo "destino" sarà quello di curare le malattie delle seconde vie respiratorie.
La Tussilago (Tussilago farfara) gioverà alla tosse, in quel suo comparire ancora quasi nell’inverno, nei riquadri lasciati liberi dal gelo, mentre la Scabiosa (Scabiosa columbaria) alla scabbia, mentre l’ippocastano guarirà i cavalli affetti da bolsaggine.
Gli erbari
Ed ecco dunque che nel Medioevo, accanto ai Bestiari e ai Lapidari, nei quali si interpretano le virtù magiche o malefiche di animali e piante, stabilendo tra questi mondi naturali e le stelle un complicato groviglio di influssi astrali, comparire gli Erbari. In essi vengono studiate, classificate e descritte con abbondanza di particolari non solo le proprietà terapeutiche delle erbe, ma anche il loro significato allegorico, i legami intercorrenti tra esse e la vita dell’uomo, in un complicato contesto di simboli e relazioni magiche.
Si entra nell'era d'oro per quanto riguarda la riproduzione grafica; le illustrazioni di questi Erbari, per lo più opera di monaci,sono davvero bellissime, per vivacità di tratto e ingenuità di rappresentazione, fantasia di particolari e di dettagli.
Certe piante vengono rappresentate con radici a forma umana o animale e si teorizza sulle virtù o le proprietà malefiche delle piante in rapporto a questi intrecci con il corpo umano.
In un erbario del ’300 ad esempio la Mandragora (Mandragora autumnalis), tra le più conosciute piante afrodisiache (è nota ad sempio la commedia omonima di Machiavelli), conosciuta fin dall’antichità e usata in tutte le epoche come stimolante dell’attività sessuale, è rappresentata su due piani: sottoterra una radice in cui si individua chiaramente la figura di un uomo; nella parte aerea un ventaglio di foglie prive di picciolo dotate di frutti giallastri, disposti a semicerchio sulle foglie.
Anche nei libri/film di Harry Potter la mandragora viene raffigurata così (Harry Potter e la camera dei segreti, Harry Potter e il calice di fuoco) e l'immagine è davvero potente e affascinante.
Di altre piante, proprio per sottolinearne le proprietà malefiche, le radici vengono invece rappresentate a forma di cane o di drago o come un groviglio di serpenti e di altri animali paurosi.
Così gli elementi degli Erbari e dei Bestiari si mescolano in pagine fantasiose, dove più delle scienze esatte conta la magia, più delle reali proprietà terapeutiche delle erbe conta l’illusione che l’influsso delle stelle possa trasmettersi alle piante per lenire i dolori di una umanità tormentata da pestilenze, da carestie, dall’ignoranza e dall’arroganza dei potenti del tempo.
Secondo Paracelso, con semi durissimi del Lithospermum officinale (da lithos = pietra e spaerma = seme) si può efficacemente combattere il male della pietra (calcolosi renale). Altri considerano le Tychnic (lec. Lycnis Hos-jovis) messaggere di forte passione amorosa; il Lathyrus (L. latifolius), una leguminosa strisciante, frequentissima nelle rive assolate e nei pascoli appenninici durante l’estate, è simbolo di bellezza nascosta, mentre la Lavanda è simbolo del sospetto: sotto i suoi ceppi azzurro-viola e profumatissimi si cela spesso il velenosissimo aspide.
Come si vede si sviluppa dunque tutta una letteratura medico-magica, dove piante e alberi forniscono supporti al meraviglioso, e dove si mescolano virtù salutari e magiche secondo un complicato intreccio in cui, il colore dei fiori, la forma delle foglie, la struttura e la conformazione delle radici, il profumo, il sapore, forniscono suggerimenti alla fantasia tesa alla scoperta nelle erbe di proprietà officinali e di conforti altrove impossibili a trovarsi.
Non perdere anche gli altri capitoli:
La storia dell'erboristeria capitolo 1: la mitologia
La storia dell'erboristeria capitolo 2: medici, scrittori e re
La storia dell'erboristeria capitolo 3: il medioevo, l'epoca d'oro
La storia dell'erboristeria capitolo 4: gli arabi
La storia dell'erboristeria capitolo 5: la scuola salernitana e le repubbliche marinare
La storia dell'erboristeria capitolo 6: dal rinascimento ai tempi moderni